In memoria di Alessandro Pizzorno, di Monica Massari
Ci fa piacere ospitare sul sito di CROSS un ricordo di Alessandro Pizzorno, scomparso il 4 aprile 2019 all’età di 95 anni, scritto da Marco Santoro e pubblicato nei giorni scorsi sul sito web Le parole e le cose2.
Con Pizzorno non scompare soltanto uno dei più grandi sociologi italiani, ma un intellettuale di rara eleganza, dotato di una profonda capacità di comprendere, se non di anticipare, la rilevanza e la complessità della realtà circostante e di questioni destinate a assumere un ruolo cruciale nella teoria sociale. Sempre attento a coniugare le sollecitazioni che gli provenivano dalla ricerca empirica con la grande tradizione teorica. Nel suo ricordo Marco Santoro ripercorre molti dei temi che hanno caratterizzato il percorso scientifico di Pizzorno – e che danno conto della sua profonda ecletticità. Dunque rimandiamo alla sua lettura per uno sguardo di insieme.
Ma vorremmo qui richiamare brevemente il contributo che Pizzorno ha dedicato ad alcuni temi su cui CROSS orienta le proprie attività: come quelli legati alla corruzione e, soprattutto, al fenomeno mafioso. In anni in cui in Italia la mafia non era considerata un oggetto di studio rilevante ai fini dell’analisi sociologica o, forse, addirittura non così rilevante sociologicamente, Pizzorno pubblica sul primo numero della rivista Polis, nel 1987, il saggio “I mafiosi come classe media violenta”, destinato a rappresentare un punto di riferimento importante nel dibattito scientifico più ampio. Già qualche anno prima (nel 1985) aveva curato, con Pino Arlacchi, una parte della ricerca su “Camorra, contrabbando e mercato della droga in Campania”, nell’ambito di uno studio dedicato alla camorra pubblicato dalla Camera dei Deputati. E poi, negli anni più recenti in cui ha svolto la sua attività di insegnamento presso l’Istituto Universitario Europeo di Fiesole, ha avuto modo di seguire le tesi di dottorato di giovani studiosi e studiose interessati a questi temi, tra cui Paola Monzini che proprio sulla base del lavoro svolto durante la ricerca di dottorato pubblicò poi il volume Gruppi criminali a Napoli e Marsiglia: La delinquenza organizzata nella storia di due cittá: 1820-1990 (Donzelli, 1999).
Negli ultimi anni mi è capitato più volte di incontrare Alessandro Pizzorno nella biblioteca di Fiesole, assorto nelle sue letture e spesso vicino agli espositori dove era possibile consultare gli ultimi numeri delle principali riviste internazionali. La soggezione profonda dinanzi a uno studioso di una statura intellettuale così elevata e forse anche un po’ il timore indotto dai racconti di amici che avevano seguito i suoi seminari e che ne erano rimasti affascinati, ma al contempo, ne temevano la critica sempre così lucida e spiazzante, mi hanno impedito di avvicinarmi a lui, anche solo per un saluto. Me ne dispiace molto, ora. Resta il suo lavoro, i ricordi molto vividi lasciati in amici e colleghi e, soprattutto per i più giovani, un esempio di intellettuale dotato di una cultura sterminata e una curiosità che, come ricorda Marco Santoro, gli hanno consentito di “penetrare sin negli intimi recessi e nelle pieghe nascoste del mondo umano”.
Link all’articolo: Marco Santoro, Ricordo di Alessandro Pizzorno