Osservatorio sullacriminalità
organizzata

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Il professore Sergio Aguayo, del Colegio de México, è uno dei massimi esperti di violenza, criminalità organizzata e diritti umani in Messico. Dopo aver partecipato al convegno “Lo scenario messicano: narcos, corruzione e diritti umani. Una sfida per il mondo” che ha aperto la settimana della legalità presso l’Università degli Studi di Milano, il professore messicano ha evidenziato, mediante un articolo sul periodico “Reforma”, la necessità per il paese latinoamericano di prendere ispirazione da alcune strategie messe in campo dall’antimafia sociale e civile italiana, specialmente nel campo dell’educazione alla legalità e dello studio del fenomeno criminale nelle scuole. A questo riguardo ha citato l’esperienza di Libera e l’impegno accademico e civile del direttore di CROSS Nando dalla Chiesa. Indica anche l’Università degli Studi di Milano come il luogo in cui sta crescendo in Italia una leva di ricercatori sulla criminalità organizzata.

Si propone qui di seguito la traduzione integrale dell’articolo:

Dall’Italia

Milano – Sono venuto in Italia per studiare e comprendere quello che hanno fatto per contenere, con un certo successo, la violenza della criminalità organizzata; le mafie continuano ad esistere, però provocano meno danni alla società.

I conoscitori di questa storia mi hanno suggerito di conversare con Nando dalla Chiesa, professore dell’Università di Milano, che si è interessato da adolescente al tema mentre osservava i suoi compagni di scuola a Palermo che avevano un’idea romantica della Mafia. La sua vocazione si rafforzò quando un sicario uccise nel 1982 suo padre, il generale dei Carabinieri Carlo Alberto dalla Chiesa che era stato nominato come responsabile nel contrasto alla mafia nel sud Italia. Gli italiani, che sono buoni conversatori, hanno taciuto per molti anni sulla mafia (anche adesso, alcuni veterani in queste faccende abbassano la voce quando ne parlano). Con i suoi 72 anni, Dalla Chiesa è incline all’ascolto, anche se nei momenti giusti parla chiaro e forte. Racconta che, mentre si stava costruendo il movimento antimafia, partecipò, in un paese vicino a Napoli, alla commemorazione di un poliziotto assassinato. Tutti ricordavano il defunto, ma nessuno nominava l’organizzazione criminale degli assassini. Lui li nominò e si impegnò in un movimento che, come ho detto inizialmente, ha ridotto notevolmente la violenza esercitata dalla mafia.

Dalla Chiesa ha costruito presso l’Università degli Studi di Milano un nucleo di ricerca, didattica e azione civile. Oltre a tenere il corso di Sociologia della criminalità organizzata, coordina un dottorato e organizza un corso ogni estate. Una collega di El Colegio de México, Mónica Serrano, è un’insegnante di corsi post-laurea e grazie a lei ho parlato per alcuni giorni con Dalla Chiesa e il suo gruppo (il professor Thomas Aureliani è, a proposito, un conoscitore della violenza in Coahuila e in altri stati messicani).

Nei circoli specializzati in Messico si conoscono le grandi qualità della lotta italiana contro la Mafia. In altri scritti e spazi tratterò il ruolo dei giudici come Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, uccisi in diversi mesi del 1992; del maxiprocesso che è culminato nel 1987 o dei sindaci antimafia come Leoluca Orlando. Sappiamo meno del protagonismo della società.

È il caso di Libera, una coalizione diversa e plurale che raggruppa e coordina centinaia di organizzazioni presenti in tutta Italia. Fondata nel 1995 dal sacerdote Luigi Ciotti, è stata fondamentale per la promozione di campagne di successo contro la criminalità organizzata e la corruzione, a favore dei diritti umani e dell’ambiente.

Uno dei suoi programmi strategici antimafia di maggior successo è stata la promozione, nelle aule delle scuole primaria e secondaria, di un messaggio apertamente critico nei confronti delle persone violente e delle loro organizzazioni. Spesso si dimentica che i cartelli hanno una base sociale che li considera attori legittimi e che cercano di imporre i loro punti di vista ai cittadini.

Le menti e i cuori sono una variabile cruciale, quindi uno degli aspetti di questo programma consiste nell’invitare un giudice o un agente di polizia a spiegare nelle scuole cos’è la criminalità organizzata e cosa stanno facendo per combatterla. Parlare chiaramente dei metodi dei criminali li spoglia dell’aura di eroismo e romanticismo che promuovono, ad esempio, nel nostro paese i narcocorridos e i film dedicati a questo tema. Un ulteriore vantaggio è che vengono rivalutate le professioni di magistrati e agenti di polizia, organi chiave nella riconquista di istituzioni e territori conquistati da organizzazioni criminali.

Il Messico sta vivendo una guerra totale e brutale contro organizzazioni criminali sempre più potenti. Alcuni dei nostri i governanti sono complici attivi o optano per l’indifferenza, giustificandosi con l’impotenza. Ci sono anche funzionari federali e locali impegnati che cercano e ottengono il sostegno della società organizzata. È ovvio che non è possibile (e opportuno) replicare acriticamente quanto fatto in Italia, ma sarebbe assurdo non avvicinarsi a sapere cosa hanno fatto loro, o i colombiani o gli americani, tra molti altri, per affrontare uno dei problemi universali del XXI secolo. Uniamo le rivendicazioni e le denunce con proposte irrobustite da quello che ha funzionato negli altri paesi.  

 

CROSS ricerca, insegnamento, promozione culturale dal 2013

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